Una maestra e i suoi bambini.
Nessuna distanza può scindere il legame speciale che si forma a scuola, a contatto giorno per giorno. Contatto, una parola oggi proibita e che invece è stata una tra le più importanti, dalla terza alla quinta, dagli 8 ai 10 anni, per ciascun alunno di Ilaria Fritz.
Insieme ad altre come cura, attenzione, sorriso, entusiasmo, fatica, gioia.
E’ questo il segreto della relazione, particolare ed unica, alla base di una delle professioni più affascinanti nella sua apparente normalità: quella della maestra elementare. Solida come la storia dell’uomo, importante quanto un buon cibo sulla tavola, straordinariamente decisiva per la vita delle persone come poche, davvero poche altre.
“Una brava maestra la ricordi finchè campi – dicono i saggi – e quasi tutto il resto lo dimentichi!”.
Ti insegna le lettere dell’alfabeto, ti tira fuori le parole – educa, appunto – ti disegna sulla lavagna i primi numeri. Ti parla di alberi, di case, di animali. Di giochi e di canzoni. Di paure, sogni, carezze. In una parola, come una ‘seconda mamma’ ti fa entrare alla vita. E allora non puoi più dimenticarla, nemmeno se sei fortunato e arrivi a 100 anni.
Di questo legame unico, che la distanza forzata di un virus non può certo minare, la maestra Ilaria Fritz di 5B mostra un esempio con la poesia scritta ai suoi alunni. Inviandola loro grazie agli strumenti della ‘didattica a distanza’ che la Primaria della Frassati sta sperimentando con molta creatività, ha ricevuto la risposta più bella. Tanti disegni e immagini, con cui i bambini hanno ‘letto’ la ‘Primavera’.
PRIMAVERA
Era il marzo del 2020.
Le strade erano vuote, i negozi chiusi e le persone non potevano più uscire di casa.
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori iniziarono a sbocciare, il sole a splendere, gli uccelli a cantare, il cielo a tingersi di blu e le mattine ad arrivare presto.
Era il marzo del 2020… I ragazzi dovevano studiare online e trovarsi delle occupazioni stando a casa, la gente non poteva più uscire per fare le solite compere o per andare dal parrucchiere. Presto non ci sarebbero più state stanze libere negli ospedali e le persone avrebbero continuato ad ammalarsi sempre di più.
Ma la primavera non lo sapeva: il tempo di andare al parco arrivò e i prati fiorirono.
Era il marzo del 2020… Tutte le persone erano state costrette in casa per proteggere i più anziani, le famiglie e i bambini. Basta a riunioni, pranzi o festeggiamenti. La paura stava diventando reale e i giorni iniziavano ad essere tutti uguali.
Ma la primavera non lo sapeva: mele, alberi di ciliegie e altri ancora iniziarono a fiorire e le foglie a crescere sui rami. Le persone iniziarono a leggere, a giocare con le proprie famiglie, a studiare una nuova lingua, a cantare sul balcone invitando i vicini di casa a fare lo stesso; iniziarono anche ad essere di supporto e di aiuto per chi ne aveva bisogno e a capire l’essenziale delle cose e ciò che realmente conta. Le persone iniziarono a capire l’importanza di avere la salute, iniziarono a comprendere il dolore e a capire che il mondo si era dovuto fermare.
Ma la primavera non lo sapeva.
I fiori lasciarono il posto ai frutti, gli uccellini a costruire i loro nidi e le rondini ad arrivare. Poi il giorno della libertà arrivò: le persone sentirono in televisione che il virus se n’era andato. Allora uscirono tutti per strada, cantando, ballando, baciando le persone care senza più mascherine o guanti. E questo accadde quando arrivò l’estate, perché la primavera non lo sapeva. Lei era rimasta lì nonostante tutto, nonostante il virus, la paura e la morte.
Perché la primavera non lo sapeva: lei insegnò solo agli uomini l’importanza della vita.
Seveso, 3 aprile 2020